Nessuno mai dimenticherà, tra chi li ha vissuti anche se in tenera età, quei novanta interminabili secondi che sconvolsero una vasta area dell’Appennino meridionale, a cavallo tra la Campania e la Basilicata.
Era il 23 novembre del 1980 quando alle 19.34 la terra iniziò a tremare. Violentemente. Il tintinnio dei bicchieri stipati nelle vecchie credenze. Sempre più forte, insistente. Il pavimento che d’improvviso iniziò a sussultare. E poi quel boato tra le gole delle montagne.
Ricordi che ciascuno mai riuscirà a cancellare.La voce del cronista ripeteva quasi a cantilena il lungo elenco delle vittime che saliva di ora in ora. Si scavava con le mani ed erano i tempi in cui ancora non v’era traccia di protezione civile o di nuclei di pubblica assistenza. Eppure i volontari furono tanti. I soccorritori alla fine furono circa 8000 che per giorni scavarono tra le macerie.
Oggi, a 39 anni di distanza, il ricordo di quella giornata e delle settimane che seguirono è sempre vivo nella memoria di chi ha vissuto quel terribile evento.